Giovani, sport e scuola

23.12.2010 09:00

Genitori e ragazzi che mi chiedono consigli su quale sport praticare e cosa fare per viverlo al meglio, offrono l’occasione per abbattere altri e pericolosi luoghi comuni che circolano diffusamente. Innanzitutto, la moderna scienza prevede delle tappe o età sensibili ben codificate entro le quali occorre fare determinate esperienze, senza le quali non si è completi, da questo, se ne ricava che un bambino in età scolare (6-11 anni) deve iniziare a praticare più discipline sportive, o meglio, giochi, senza stress ed evitare una eccessiva specializzazione. Significa che un bambino può provare a cimentarsi in varie discipline anche per 3-4 volte a settimana per molti mesi, ruotandole in maniera che queste siano compatibili fra loro e altri impegni e, sopratutto, senza stress e richieste eccessive. In questo caso la scuola dovrebbe essere la prima istituzione dove il ventaglio di proposte deve essere il più ampio possibile in maniera tale da stimolare conoscenze motorie plurime e offrire al bambino opportunità diverse anche in relazione a quello che già propongono società, clubs e federazioni. Infatti, non è vero che specializzarsi presto aiuta sicuramente a diventare campioni (anche se leggiamo che i campioni hanno iniziato tutti a 6 anni, ci dobbiamo chiedere cosa hanno fatto a quell’età…), ma anzi può essere controproducente, specie se non vi sono professionalità accanto ai giovani, se le proposte non sono varie e graduali, se sconsiderate in rapporto all’età e cariche di tatticismi inutili. La letteratura delle scienze motorie spiega molto bene il fenomeno del drop-out sportivo nei giovani. Alcune condizioni di disaggio come ad es. le difficoltà nello studio, la noia e l’allenamento eccessivamente ripetitivo, problemi con i compagni e con l’allenatore, possono condurre ad un abbandono sportivo precoce. La maggior parte di questi avviene fra i 13 e i 18 anni e genitori e allenatori sono i primi responsabili. La parola d’ordine è: aiutarli ad organizzarsi ed evitare gli eccessi. Alcune strategie per evitare il drop out sono legate per es. all’insegnamento del valore della vittoria e della sconfitta: vincere non è tutto, è un obiettivo importante, ma non l’unico. La sconfitta nella competizione non deve essere vista come un fallimento personale o una minaccia alla propria persona. Vittoria e successo non sono sinonimi; spesso da una sconfitta si può ottenere tanto di positivo. Anche se si perde una gara è importante sapere se si sono superati i limiti precedenti e raggiunti altri obiettivi importanti stabiliti precedentemente. Vincere conta poco specie in età giovanile, ma soprattutto si deve sapere lottare per vincere. Le attività sportive agonistiche o no, sono momenti di gioco e scelte intime motivazionali, esclusivamente personali, non forzature o un dovere superiore imposto dall'alto o dal genitore fanatico, nell’atto del giocare il giovane si ritrova pienamente coinvolto, appassionato e appagato solo se è libero veramente di esprimersi; certi genitori dovrebbero evitare di essere presenti continuamente agli allenamenti e alle gare.

Ad esempio, un ragazzo agonista fra i 16-18 anni che pratica sport in maniera seria ed è inserito in programmi di livello regionale che poi portano a scalare quello nazionale, in tutti i paesi del mondo, si allena circa 2-4 ore al giorno per 5-6 giorni la settimana (secondo la disciplina), più le gare, continuativamente per circa 300 giorni l'anno. Questo è un presupposto che porta all'eccellenza e che porta con se valori intrinseci quali il sacrificio, la forza di volontà, l'abitudine ad organizzare la giornata e risolvere i problemi quotidiani. Questo ci porta ad un altro luogo comune, molto pericoloso che purtroppo è saldamente radicato nella scuola, e cioè che chi fa sport non si impegna nello studio. Questo è particolarmente grave perché si insinua in una istituzione, la quale dovrebbe conoscere e dovrebbe essere pronta ad aiutare gli alunni ed aggiornata sui risultati delle ricerche scientifiche, le quali pongono in risalto che gli atleti hanno risultati nello studio al di sopra della media e che nelle difficoltà riescono a risolvere situazioni in cui altri non riuscirebbero. Gli studenti che praticano discipline sportive nei paesi avanzati, moderni e organizzati, hanno addirittura un riconoscimento in denaro, sotto forma di borsa di studio e di crediti scolastici che riconoscono il loro impegno e, perfino la Carta Europea dello Sport al suo art. 1 afferma: “Garantire a chiunque, quando ne manifesti il desiderio e possieda le capacità necessarie, la possibilità di migliorare il suo livello di prestazione e di realizzare il suo potenziale di sviluppo personale e/o raggiungere livelli di eccellenza pubblicamente riconosciuti”. Alla prossima puntata.

Alessandro Della Balda (articolo parte di una serie di puntate apparse su LO SPORTVO nel 2009)